Andrea Rossi

La Stampa

 

Un trappolone. Nel giro di un’ora, a inizio pomeriggio, l’umore dei tredici rappresentanti del mondo produttivo torinese, già fosco, diventa nero. L’apertura del governo, disposto a inserire un loro rappresentante nella commissione incaricata di effettuare l’analisi sui costi e benefici, viene valutata per quello che è: un abbraccio potenzialmente soffocante. «Ci vogliono coinvolgere per poi dire di aver concluso un percorso partecipato e condiviso. E mettono l’intero mondo produttivo sullo stesso piano del movimento No Tav».

 

Ecco perché alle 14,30 il presidente di Api Corrado Alberto, il leader degli industriali Dario Gallina, la presidente di Ascom Maria Luisa Coppa e quello dell’Ance Giuseppe Provvisiero si ritrovano a discutere animatamente sul da farsi: accettare l’offerta ed entrare nella commissione tecnica del ministero o declinare l’invito.

 

Finiranno per rifiutare. Non vogliono essere coinvolti in un processo dai risvolti sospetti: «Di analisi ne sono state fatte a decine», dice Provvisiero. «Per di più è un precedente pericoloso: ogni governo sarà autorizzato a mettere in discussione le opere già in corso che non gli piacciono», aggiunge Giancarlo Banchieri di Confesercenti. Ma soprattutto temono la trappola: «Poiché ci hanno spiegato che servirebbe un decreto, il rischio è che i tempi dell’analisi si dilatino», spiega Gallina. «È esattamente quel che non vogliamo».

 

Ecco perché la proposta verrà rifiutata. Se poi il governo deciderà di coinvolgere un rappresentante del Movimento No Tav è possibile che anche il mondo produttivo indichi un esperto e che la scelta cada su uno dei tre professori universitari che da tempo collaborano con l’Osservatorio: Roberto Zucchetti, Andrea Boitani o Lanfranco Senn. Paolo Foietta, commissario di governo, sarebbe una provocazione, ma chissà.

 

Il presente però impone di non disperdere il patrimonio di una mobilitazione che è riuscita in poche settimane in una operazione storica: riunire sotto la stessa bandiera tutto il mondo del lavoro, dagli industriali agli artigiani, dai costruttori ai commercianti, dalle professioni ai sindacati alle cooperative. «Andiamo avanti», assicura il presidente dell’Ordine degli architetti Massimo Giuntoli. Dino De Santis di Confartigianato aggiunge: «Fiduciosi che le nostre ragioni prevarranno su pregiudizi e ideologie».

 

Toni concilianti
Dentro Palazzo Chigi i toni sono concilianti, il clima disteso, Conte annuncia addirittura che andrà al cantiere Tav, ma i punti di vista molto distanti. La foto d’insieme è quasi emblematica: su un versante del tavolo la sottosegretaria Castelli, il vice premier Di Maio, il presidente del Consiglio e il ministro Toninelli; sull’altro i tredici rappresentanti delle 33 associazioni di Torino. Pochi convenevoli – «non ci hanno nemmeno offerto un caffè, solo acqua, una biro e un foglio di carta», ironizzano le categorie» – e molta tattica.

 

«Questi ritardi ci fanno perdere i soldi dell’Europa; la Tav è un investimento sulle generazioni future», ricorda Nicola Scarlatelli di Cna. I sindacati sono spaventati per le ricadute sull’occupazione: «Il rallentamento del cantiere ha già lasciato a casa 500 persone», dice Gerlando Castelli degli edili della Cisl. «Se si fermano le gare per 1,3 miliardi sul versante italiano saltano altri 5-6 mila posti tra cantiere e indotto».

 

Toninelli replica: «Non si perderanno posti di lavoro e non si perderanno finanziamenti pubblici. Chi dice che perderemo 75 milioni al mese dice una stupidaggine». Non sembra averli convinti. «Andiamo avanti», assicurano. Prossimo appuntamento, l’adunata «Quelli del Sì», convocata giovedì prossimo a Milano da Confartigianato.