FRUITBOOK MAGAZINE – EUGENIO FELICE

Edoardo Ramondo, amministratore delegato del Gruppo T18, realtà leader nella produzione e distribuzione di prodotti ortofrutticoli, fa una rivelazione shock: “Venerdì 10 dicembre chiuderemo l’attività, a dispetto di un bilancio in salute e di un 2020 paradossalmente positivo proprio grazie alle chiusure e alla pandemia”. Il Gruppo piemontese, nato a Torino a fine ’800, ingloba tre società: Agro T18 Italia Srl dedicata alla GDO, all’export e ai grandi acquirenti, FV-EFFEVI Srl, importatore, maturatore e distributore di banane, e Ramondo Srl, azienda all’ingrosso presente al CAAT. La decisione, sofferta, è frutto di ragionamenti di medio termine, di fronte a un mercato dai mutati scenari e sempre più “consumatore-centrico” e a una lenta ma inesorabile “decadenza del settore”.

Si chiude un capitolo di storia nel settore ortofrutticolo piemontese e nazionale. Il Gruppo T18, realtà leader nella produzione e distribuzione di prodotti ortofrutticoli, nata a Torino alla fine dell’Ottocento e oggi presente sul mercato con una rete distributiva operante al 50% con la GDO e per il restante 50% con normal trade, centri agroalimentari, ambulanti e horeca, sia italiani che esteri, chiude i battenti, a dispetto di un bilancio in salute. A dare la notizia in esclusiva è il titolare, Edoardo Ramondo, amministratore delegato del Gruppo T18 e membro del Cda del CAAT di Torino, che precisa come la decisione – sofferta – non sia conseguenza di una crisi economica aziendale (il 2020, a dispetto della crisi pandemica, si è chiuso positivamente), bensì frutto di una riflessione su un futuro sempre più incerto per le aziende operanti nella produzione e distribuzione di frutta e verdura.

“Venerdì 10 dicembre chiuderemo il posteggio al Centro Agroalimentare di Torino – esordisce Ramondo, senza nascondere il suo rammarico – e l’attività delle tre società del Gruppo T18”. Le tre aziende in questione sono Agro T18 Italia Srl dedicata alla GDO, all’esportazione (anche a Hong Kong) e ai grandi acquirenti, FV-EFFEVI Srl, società che importa, matura e distribuisce banane, e Ramondo Srl, azienda all’ingrosso di qualità presente all’interno del Centro Agro Alimentare di Torino. Il gruppo ha centri di produzione nelle regioni più vocate d’Italia, dal Nord al Sud e, oltre ai propri prodotti, raduna quelli di oltre 600 produttori certificati. “Le ragioni che mi hanno portato a prendere questa decisione sono diverse – prosegue -, la principale è sotto gli occhi di tutti, la si evince guardando a quanta gente oggi solca le corsie dei mercati all’ingrosso. Non è più una casualità, ma un trend negativo che fotografa la situazione in cui versa il commercio di prodotti ortofrutticoli. Per una realtà come il Gruppo T18, che mira a fatturare decine di milioni di euro, è un segnale gravissimo”.

Ramondo spiega che, guardando ai trend del settore negli ultimi anni, e in particolare guardando ai cambiamenti nelle abitudini di acquisto degli italiani, che nell’ultimo periodo hanno profondamente rivisto il modo di fare la spesa, “si sono accese diverse spie”. “Nell’arco degli ultimi due anni il Covid ha accelerato il cambiamento – dice -. Prima tutti chiusi in casa, abbiamo necessariamente rispolverato le padelle e ci siamo rimessi a cucinare. Inoltre, durante il lockdown, in tanti hanno scoperto la comodità delle consegne a domicilio della spesa e dei pasti. Ma, finita la reclusione, la gente ha ripreso i suoi ritmi. Da quando hanno riaperto c’è stato un tracollo dei consumi di prodotti freschi, soprattutto di prima gamma, mentre prodotti a elevato contenuto di servizio come quarta e quinta gamma sono decollati”.

“La mia famiglia lavora nel commercio dell’ortofrutta da più di cent’anni, mio padre mi ha trasmesso una grande senso di responsabilità, mi ha insegnato l’etica nel fare le cose e a non nascondermi nel momento in cui bisogna prendere decisioni importanti – prosegue l’amministratore delegato del Gruppo T18 -. Per questo circa due mesi fa ho maturato la convinzione di interrompere l’attività, perché non ci sono più le prospettive per andare avanti, nonostante i conti siano in ordine, non ci sia ad oggi nemmeno un credito scaduto e il 2020 sia stato paradossalmente una buona annata, a causa proprio delle chiusure dettate dalla pandemia”.

La logistica e l’inesorabile escalation dell’online sono un altro tasto dolente che ha portato alla sofferta decisione. Negli ultimi tempi, secondo Ramondo, abbiamo assistito al fiorire di grandi innovazioni per dare sempre più servizi al consumatore, unitamente alla possibilità di acquistare velocemente al prezzo più basso possibile, “ma questo ha devastato e desertificato determinati ambiti e settori professionali”. “Quando ti arriva a casa un limone che hai acquistato online, lo spremi ed esce una sola goccia di succo… ti tieni quel limone – chiosa -. Prima avevi un professionista che sapeva scegliere e fornirti il meglio, andando nel corso dell’anno a prendere le diverse origini di quel determinato prodotto: il valore non tangibile era enormemente maggiore. Questo processo è inesorabile, se la logistica la fa uno che si chiama Amazon, che ha il controllo dei container mondiali, capisci che non c’è più dialettica. Mi auguro di sbagliare di grosso, ma non vedo prospettive per il commercio tradizionale di ortofrutta”.

Ramondo quindi prosegue nel raccontare le riflessioni che hanno portato alla drastica decisione di chiudere l’attività: “Dobbiamo ricordarci che il mondo cambia, il baricentro del potere è sempre più a valle, ma oggi il ‘boccino’ è in mano a una moltitudine diffusa. Una volta la distribuzione era in mano ai grossisti, poi negli ultimi 20 anni è passata nelle mani alla GDO. Oggi le cose sono ulteriormente cambiate, al centro c’è sempre di più il consumatore, è sulle sue scelte si costruisce tutto. E la Gdo deve farsi carico di questa riflessione e deve anche far scattare qualche campanello di allarme, perché oggi un consumatore come può essere mio figlio, di 16 anni, decide in un secondo cosa comprare solo premendo un tasto virtuale sul telefonino, in base agli stimoli che gli arrivano da Instagram. È pazzesco ma è quello che succede realmente oggi”.

“E tutto ciò – conclude con amarezza l’imprenditore torinese – distrugge la qualità, ma distrugge anche la convenienza. È un meccanismo che finirà per impoverire tutti”.