Pubblichiamo l’articolo de La Stampa in merito ai mercati torinesi, contente anche alcune dichiarazioni del Segretario Fiva, Alessandro Munari.
TORINO. Ieri gli ambulanti non hanno montato i banchi e i mercati erano deserti per il troppo vento. Ma anche gli altri giorni, in alcune piazze più piccole, il passaggio è ormai ridotto all’osso. Mancano i clienti e manca anche l’offerta: sempre più postazioni vengono abbandonate. Difficile dire quali vanno bene. Ci sono realtà storiche che resistono: piazza Benefica e Santa Rita, sono le principali. E poi ci sono quelli che stanno scomparendo. I banchi di piazza Bengasi non si sono più ripresi dallo spostamento stabilito ormai anni fa per far posto al cantiere della metro. Corso Svizzera, nonostante resti un punto di riferimento per la spesa di quartiere, sta perdendo colpi su tutte le altre categorie merceologiche. Piazza Barcellona, piccolo ma nel cuore di San Donato, ormai conta meno di una ventina di banchi e il ricambio generazionale tra i titolari storici e i giovani è fermo. Una sfida sarà invece quello di Corso Brunelleschi perché a pochi passi dal nuovo Mercatò. Per resistere gli stessi ambulanti hanno iniziato un dialogo con la catena della grande distribuzione, che avrà l’ingresso anche dal lato del mercato e metterà a disposizione di tutti i posti auto.
A Torino si contano 42 mercati rionali e sono circa 300 le aziende agricole che partecipano con i loro banchi. A questi si aggiungono i mercati dei contadini – che sono 11 – e hanno una frequenza settimanale, al pomeriggio, o mensile, la domenica. In generale le postazioni fisse oggi disponibili sono 3400 per un totale di 5000 ambulanti, a cui poi si aggiungono coloro che hanno solo la licenza, arrivando a circa 7000 lavoratori. Tra il 2010 e il 2016, invece, gli ambulanti erano circa 11 mila e fino al 2018 superavano i 9 mila. «Resistono, ma comunque non vanno bene, le realtà che hanno conservato una propria identità, anche come offerta merceologica» spiega Giancarlo Nardozzi, presidente del Goia, l’associazione del commercio ambulante e della micro impresa. Uno dei settori che comunque va meglio è l’ortofrutta. «I mercati sono una realtà complessa. Soffrono anche cambiamenti apparentemente minimi come uno spostamento delle postazioni. A pesare, comunque, è la tassazione» aggiunge Alessandro Munari, di Fiva Confcommercio.
Una concorrenza che riguarda non solo il commercio tradizionale, ma anche la grande distribuzione e l’e-commerce. «Abbiamo colleghi che hanno rinunciato alla postazione fissa perché costa troppo e hanno conservato solo la licenza quindi lavorano solo quando può essere conveniente» aggiunge Nardozzi. In tutti i mercati, ad eccezione di Santa Rita, ormai ci sono posti non assegnati. «Ad esempio nel 2018 nel solo comparto dell’ortofrutta di Porta Palazzo- conclude Munari – sono stati eliminati 80 posti».