Negozi, ristoranti e alberghi così duramente feriti, in Lombardia e sul nostro lago. Nella regione si parla di circa 60 miliardi di danni dal 2020 alla prima parte del 2021 per il terziario. Carlo Sangalli, presidente di nazionale e regionale di Confcommercio, conosce, vive e ama questi luoghi: è consapevole del duro conto pagato dalle imprese. Allo stesso tempo ha visto qualcosa di importante e speciale: una capacità di reazione, ma ancora di più tutti insieme, aiutandosi, che rappresenta la speranza più solida. Nella Regione, il terziario dà lavoro a 2 milioni e 265 mila persone. La perdita vissuta è bruciante, ancora più dolorosa nelle zone turistiche dove terziario appunto significa commercio ma decisamente connesso con il turismo, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Un dato su tutti, reso noto a consuntivo dalla Camera di commercio lariana. Analizzando il 2020, per le imprese comasche del commercio c’è un calo del volume d’affari (-5,7%, contro il -6,5% regionale) e una crescita dell’occupazione (+1% contro il +1,2% della Lombardia). Nei servizi, a Como si registra un forte calo del volume d’affari (-15,7%), mentre cresce l’occupazione (+1,7%, a fronte del -12,3% e del -0,7% regionali). Cifre che documentano l’incidenza del terziario nel nostro territorio. Protagonista di sforzi meritevoli, ribadisce il presidente Sangalli, ma che non può riprendersi da solo di fronte a un disastro globale.
Quanto ha inciso sui fatturati imprese del terziario il periodo di limitazioni ancora nel 2021?
L’emergenza sanitaria sta progressivamente rientrando ma anche quest’anno le perdite subite dal settore turistico lombardo sono state pesantissime. In particolare i periodi in zona rossa e arancione hanno colpito migliaia di imprese già allo stremo per i danni subiti nel 2020. Tenendo presente che il valore del turismo in Lombardia è di circa 15 miliardi, abbiamo avuto crolli di fatturato che hanno sfiorato 1190 per cento. Mi permetta poi di ricordare che ancora oggi non sappiamo nulla sulla zona rossa decisa per sbaglio in Lombardia dal 17 al 23 gennaio e costata oltre 600 milioni alle nostre imprese del terziario. Non vorremmo che nel rimpallo delle responsabilità ci si dimenticasse che queste imprese hanno il diritto di essere risarcite per il danno supplementare subito.
Lei che ama e vive il nostro territorio come ha percepito la situazione in particolare qui? Che cosa l’ha maggiormente colpita?
Sono molto legato a questo territorio bellissimo ed è stato un dolore aggiuntivo vederlo colpito dalla pandemia con difficoltà che non si verificavano dai tempi della guerra. Ho visto però anche la determinazione e la solidarietà vera della gente, dei laghee. In primis il personale sanitario, certo, ma pure i piccoli imprenditori del commercio che, con i loro collaboratori, hanno continuato ad offrire servizi essenziali anche nei tempi più duri dei lockdown. Senza dimenticare i tantissimi imprenditori che per le misure anti Covid hanno dovuto chiudere le loro attività sopportando situazioni economiche estreme.
Quanto sono mancati gli stranieri, svizzeri in testa, ai nostri negozi e al mondo del terziario in genere?
Ovviamente moltissimo. Ed è una buona notizia l’annullamento dell’obbligo per gli svizzeri, che risiedono entro 60 chilometri dal confine italiano, di presentare un tampone negativo. Il lago di Como è una straordinaria metà turistica a livello internazionale. In Lombardia il turismo straniero rappresenta circa 45,50 percento ma in termini di spesa arriva ad oltre il 70% con punte dell’80% nelle città.
E c’è speranza effettiva che tornino qui?
Tutto dipende dal ridimensionamento della pandemia. In alcune zone del mondo il Covid è ancora molto attivo ma nel complesso i vaccini si stanno dimostrando efficaci e i dati sono incoraggianti. Crediamo poi che la certificazione Green Pass, a livello europeo, possa aumentare la sicurezza e consolidare i risultati raggiunti. Non dimentichiamo che il Coronavirus è stato disastroso sul piano umano ed economico ma, a differenza di una guerra, non ha provocato la distruzione di infrastrutture e città. Una volta che lo avremo sconfitto definitivamente ritroveremo integra la bellezza dei nostri territori.
Siamo appunto vicini alla Svizzera, dove ci sono state anche chiusure pesanti, ma con ristori certi e tempestivi: che cosa ha dato la forza ai commercianti, a partire dagli albergatori ei ristoratori di andare avanti in questo durissimo periodo?
Credo la capacità, insita nel loro carattere e nella loro formazione, di resistere, di superare le difficoltà e di avere speranza. Sono uomini e donne che si sono trovati a confrontarsi con una situazione estrema e hanno saputo reagire. Qualità straordinarie che saranno determinanti anche per ricostruire e tornare a crescere.
Lei che è così attento e vicino, come ha cercato di sostenerli? E nel contempo di ottenere aiuti concreti da chi di dovere?
Da quando Confcommercio è nata, cioè dal 1945, non abbiamo mai attraversato un periodo così drammatico. Soprattutto lo scorso anno, con migliaia di morti, città deserte, e imprese paralizzate. Sin da subito abbiamo chiesto con forza al governo di sostenere il sistema imprenditoriale – chiuso per i lockdown – con indennizzi rapportati alle perdite di fatturato e moratorie fiscali. Il confronto diretto non è mai mancato – anche in tema di chiusure – e crediamo che alcuni risultati siano stati raggiunti. Anche da parte della Regione ci sono stati e ci sono interventi importanti a sostegno delle piccole e medie imprese più colpite dalla crisi. Naturalmente di fronte a uno scenario di tale gravità nessun aiuto è sufficiente. Tuttavia il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e il ritorno alla normalità rappresentano i punti di forza del nostro futuro nel breve e medio termine.
Lei è fiducioso che la nostra regione e in particolare il lago di Como si risolleverà da questo duro periodo inflitto dalla pandemia e dagli sforzi di combatterla?
È una fiducia che deve andare anche oltre i nostri confini. Certamente, come abbiamo detto, la Lombardia e il lago di Como hanno tutte le capacità e le risorse per rimettersi in cammino ma la ripresa da un disastro globale deve essere globale. Solo così si potrà tornare a una nuova normalità che potrebbe essere migliore di quella perduta con la pandemia.