Business Insider
Andrea Sparaciari

 

Riciclaggio di denaro, evasione fiscale, distorsione della concorrenza, crimini ambientali, senza contare i rischi sanitari per merci, lavoratori e consumatori. È il menu di schifezze che costella il racket dei pallet, gli imballaggi in legno usati per il trasporto delle merci in tutto il mondo. Una nicchia per nulla insignificante nel mondo della logistica, in grado di assicurare ampi guadagni sostanzialmente senza rischi, tanto da suscitare gli appetiti di buona parte delle mafie europee.

 

Per capire le dimensione del mercato di riferimento, basta leggere il rapporto “Ecomafia 2016” di Legambiente: “Il mercato nero dei pallet solo in Italia movimenterebbe legalmente qualcosa come 120 milioni di unità all’anno, per un volume d’affari di circa 720 milioni”. Tuttavia è probabile che la stima sia per difetto.

 

Ma come fa a essere “illegale” un pallet? Due sono le possibilità: se è nuovo, è fatto con legno di origine sconosciuta, probabilmente frutto di tagli illegali; se è usato, si tratta di un imballaggio che dopo il primo uso non è stato sottoposto ai trattamenti obbligatori previsti dai marchi EPAL e IPPC/FAO FITOK (gestiti da Conlegno, Consorzio Servizi Legno e Sughero).

 

Inoltre c’è un’ottima possibilità che sia uno dei 110 mila pallet che ogni giorno spariscono nel nulla in Italia.

Nel nostro Paese si registrano ogni anno circa 120 milioni di movimentazioni di merci e a ogni movimentazione corrisponde la cessione di un pallet, nuovo o usato. Solo il mercato dell’usato genera un giro d’affari di circa 660 milioni di euro, soldi che vanno a incidere sui costi dei prodotti al consumo e nei bilanci delle aziende. Una voce così importante che spinge molti operatori a rivolgersi fuori dal mercato legale, tanto che di quei 660 milioni si stima che almeno il 30% sia gestito illegalmente. Accanto a società che utilizzano pallet certificati, infatti, esiste una galassia di società fantasma che comprano pallet rubati (non pagando l’Iva) e li rivendono alle aziende a prezzi ribassati del 20/30%. Una concorrenza slealissima, visto che chi rispetta le regole su ogni rivendita di bancale ha un margine di guadagno di circa il 4%.

Solo nell’hinterland milanese sono state contate nel 2016 oltre trecento attività illegali di compravendita di bancali in legno.
Il giochino funziona più o meno così: i pallet usati vengono acquistati (in nero) da camionisti che, con la connivenza dei magazzinieri, li rubano dai magazzini o dai centri di raccolta e distribuzione. Quindi gli imballaggi vengono rivenduti, previa riparazione, alle grandi imprese produttrici di merci dietro emissione di regolare fattura. Di fatto le imprese di trasporto si ricomprano legalmente i paletts che erano stati loro rubati! Una volta incassata l’imposta sul valore aggiunto (Iva) gli operatori non provvedono a riversarla all’erario, lucrando così sui relativi importi.

Un meccanismo semplice, noto agli investigatori già dai primi anni del 2000, quanto la Guardia di Finanza di Treviso scoprì una maxi evasione fiscale da 40 milioniprotrattasi tra il 2004 al 2010, che aveva portato alla denuncia di 29 persone e alla confisca di 15 società tra Veneto, Lombardia, Emilia Romagna Polonia e Ungheria.
Nel 2012 sempre la Gdf scoperchiò a Cesena un’altra maxi frode fiscale con un giro di fatture false per oltre 12 milioni emesse da 18 società operanti tra Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Sicilia. Tutteimprese collegate alla criminalità organizzata italiana e straniera. Le ditte acquistavano i pallet rubati in nero i quali poi venivano “regolarizzati” (e quindi venduti a prezzi ribassati sul mercato) mediante un vorticoso giro di società “cartiere” che emettevano fatture false.

L’ultimo maxi sequestro risale a marzo 2016 quando sempre la Gdf individua e denuncia 30 persone che nel Lodigiano avevano creato un vero e proprio impero del pallet farlocco. Un giro d’affari da 10 milioni di euro l’anno. Sette società vendevano sia bancali prodotti ex novo, sia usati (ma rubati), tutti fittiziamente marcati EPAL, a metà prezzo. Per nascondere i proventi, gli organizzatori avevano creato 23 cartiere, tutte intestate a prestanome di etnia Rom, che avevano emesso solo nel 2016 fatture per oltre 16 milioni, mentre il commercio di bancali fruttava almeno dieci milioni l’anno e andava avanti dal 2010.

Ma le indagini su questa oscura fetta del trasporto sono continue: dal 2015 al 2017 sono stati 53 i controlli della polizia giudiziaria che anno portato a 4 processi conclusicon l’applicazione della pena su richiesta, una sentenza di condanna in primo grado e 54 procedimenti ancora pendenti o in fase di indagini, di cui la metà aperti nel 2017. Solo tra giugno 2015 a dicembre 2016 sono stati 144 gli interventi della Gdf nel comparto della fabbricazione e riparazione di imballaggi per un totale di 2,3 milioni di pallet con marchio contraffatto sequestrati.

Sono stati inoltre individuati 27 soggetti completamente sconosciuti al fisco e 34 lavoratori irregolari. E ancora: nel primo semestre 2018 gli interventi delle Fiamme oro sono stati cinque, quasi uno al mese, e hanno portato al sequestro di circa 3.000 pezzi. Come si vede un numero enorme di interventi che però, data l’entità del mercato, rappresentano una goccia in un mare di illegalità.

Numeri che tuttavia non generano l’allarme sociale che dovrebbero. Anche perché, oltre ai mancati incassi per lo stato, l’illegalità genera rischi per la salute, sia degli operatori della logistica che dei clienti ultimi delle merci trasportate. Nel capitolato EPAL, infatti, è prevista la sanificazione di ogni bancale dopo l’utilizzo. Quelli venduti in nero la sanificazione non sanno neppure dove sta di casa.

Capita così che un bancale possa essere utilizzato per il trasporto di diserbanti e poi lo stesso ospiti frutta e verdura destinate a supermercato. La possibilità di contaminazione così cresce enormemente. Così come enorme è il pericolo che organismi nocivi possano viaggiare da una nazione all’altra. Infine, e non meno importante, i bancali non certificati sono spesso fabbricati con legno proveniente dal mercato nero del disboscamento.