Il giudizio sulla legge di Stabilità è “complessivamente positivo” anche perchè si tratta di una manovra “che finalmente lascia i soli panni rigoristi per introdurre alcuni tratti espansivi. Ancora sono troppo timide però, le politiche di rilancio dell’economia e degli investimenti che dovrebbero trovare maggiore accentuazione”. Lo ha detto Cesare Fumagalli, presidente pro tempore di Rete Imprese Italia, in audizione nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato sulla legge di Stabilità. “Nel malaugurato caso dovessero scattare” le clausole di salvaguardia previste dal ddl Stabilità 2015, “sarebbero in grado di stroncare ogni ipotesi di ripresa, con il conseguente all’incremento dell’aliquota Iva dal 10% al 13% e quella del 22% al 25,5% oltre ad aumenti delle accise con un effetto cumulato nel 2018 di 28,9 miliardi di euro di maggiore pressione fiscale”, ha aggiunto Fumagalli, sottolineando inoltre che “la manovra di bilancio, per gli anni successivi al 2015 si regge sulla previsione di una robusta riqualificazione della spesa pubblica che dovrà portare ingenti risparmi”. “L’alternarsi di una manovra espansiva per il prossimo anno con un progressivo ritorno alla restrizione fiscale negli anni successivi – e possibili maggiori entrate in caso di innesco delle clausole di salvaguardia – influisce negativamente sulle aspettative e può depotenziare gli effetti su consumi ed investimenti, annullare gli effetti positivi delle riforme e allontanare l’obiettivo di una progressiva riduzione della pressione fiscale”, ha detto ancora il presidente pro tempore di Rete Imprese
Italia. “Il mancato bilanciamento della positiva azione per la riduzione degli oneri fiscali sul lavoro – ha aggiunto – con interventi di ampliamento della domanda rischia, quindi, di mantenere eccessivamente basso il profilo di crescita dell’economia italiana”. “In questa prospettiva – ha proseguito Fumagalli – appare ancora insufficiente la variazione della spesa in conto capitale proprio mentre la Commissione europea si accinge a valutare un programma straordinario di sostegno degli investimenti”. Quanto alla scelta di stabilizzare il bonus di 80 euro a favore dei lavoratori dipendenti “potrà dare fiducia ai percettori e trasformare le risorse a loro attribuite in maggiori consumi”. Tuttavia, “accresce, ancora una volta, la differenziazione di trattamento fra le diverse tipologie di contribuenti soggetti ad Irpef. In particolare, solo i lavoratori dipendenti vengono a godere di uno specifico bonus, mentre, a parità di condizioni reddituali, dello stesso non potranno beneficiarne imprenditori individuali, soci e pensionati”. Rete Imprese Italia, infine, ha espresso la propria contrarietà alla misura dell’anticipo del Tfr “ove non avvenga attraverso un meccanismo che renda realmente neutro, per la capacità finanziaria e i costi delle piccole imprese, l’erogazione del salario differito ai propri dipendenti”. L’anticipazione del tfr in busta paga, unita all’aumento della tassazione sui Fondi pensione, rappresenta, inoltre, “un importante disincentivo per la costruzione del secondo pilastro della previdenza complementare”.