La Stampa
Claudia Luise

C’è rabbia, amarezza, nervosismo per la scelta di andare avanti comunque, nonostante per la prima volta un fronte trasversale e compatto, che va dagli imprenditori ai sindacati ai lavoratori, si sia ritrovato in Consiglio comunale a protestare. C’è rabbia tra chi è convinto che quest’opera sia vitale per tutte le attività produttive della Regione, anzi dell’Italia, e che si è scontrato con il muro eretto dalla maggioranza pentastellata. E allora i presidenti delle undici associazioni d’impresa di Torino e provincia e i sindacati di categoria meditano forme di protesta clamorose: «Presto vi saranno altre iniziative di lotta».

 

Una è qualcosa di più che un’idea: una riedizione della marcia dei 40 mila. Ne parlano il leader degli industriali Gallina, quello delle imprese metalmeccaniche Marsiaj. Convergono anche i partiti, dal Pd a Forza Italia.

Nelle menti di chi lo sta organizzando sarebbe un corteo senza simboli e bandiere: la marcia del sì. Api, Unione Industriale, Amma, Federmeccanica, Ascom, Confesercenti, Confartigianato, Cna, Ance, Aniem Confapi, Compagnia delle opere, Confcooperative, Legacoop, Ordine degli architetti, Camera di commercio di Torino ci lavoreranno nelle prossime settimane.

 

I toni sono bollenti: «Quanto approvato dal Consiglio comunale è un oltraggio al futuro della nostra città, delle imprese, dei lavoratori. È un colpo basso per il territorio e per le sue speranze di ripresa». Il presidente di Confindustria Piemonte, Fabio Ravanelli, parla di “pantomima”. «Non subiremo passivamente quest’ipoteca sul futuro del nostro territorio. La Torino che produce è distante dalla città immaginata dai Cinquestelle», dice. «Non vorrei che si facesse pagare al Piemonte il prezzo di altre regioni. Sarebbe un’offesa per un territorio che ha dato tanto, che con il Nord Ovest non può diventare merce di scambio», aggiunge Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom. Dello stesso avviso anche Giancarlo Banchieri: «Non si può ragionare con chi alza muri e lo fa anche con questi toni. È assurdo».