Qualcosa è già cambiato. Il resto sta per cambiare. Gli studi di settore non sono più uno strumento di controllo. Non lo sono più dal dicembre del 2009, quando le Sezioni unite della Cassazione hanno stabilito che, da soli, non bastavano a supportare una contestazione di evasione fiscale. Ora si fa un altro passo avanti in quel percorso. Le segnalazioni di anomalia che il fisco sta inviando con i 190mila «alert» (tanto per non confonderli con gli avvisi che evocherebbero immediatamente gli accertamenti) sono un invito a mettersi in regola e a sfruttare le opportunità del nuovo ravvedimento, così come riscritto dall’ultima legge di Stabilità.
E un ulteriore segnale che i controlli con, o grazie a, Gerico appartengono ormai al passato, a maggior ragione dopo la spinta al regime premiale (che però continua a escludere i professionisti). Proviamo a vedere alcuni dati di fatto, con l’aiuto della relazione. Pesa l’effetto crisi La maggior base imponibile dichiarata è scesa da 5,2 miliardi del 2006 ai 2,2 del 2012 ne al Rendiconto generale dello Stato, firmata dalla Corte dei conti. Il numero dei contribuenti soggetti agli studi di settore è via via aumentato rispetto al milione del 1998, fino ad arrivare al picco di tre milioni e 7oomila nel 2007, per poi assestarsi sopra i tre milioni e mezzo negli ultimi anni. Allo stesso tempo, però, è cresciuto il numero dei contribuenti che centrano l’obiettivo della “congruità” agli studi-cioè un livello di ricavi e compensi in linea con quanto richiesto dal software Gerico – senza doversi adeguare.
Nel 2006, nel pieno delle manovre antievasione avviate dall’allora ministro Vincenzo Visco, le imprese e gli autonomi costretti ad aumentare gli importi dichiarati al fisco furono più di 65omila, il record storico, mentre nell’anno d’imposta 2012 sono stati solo 334mila. Su questo dato pesano i correttivi anticrisi, che hanno reso meno esigente il software, ma il trend potrebbe anche dipendere da una migliore gestione del programma da parte dei professionisti, con una maggiore “prevenzione” di potenziali anomalie. Di certo, la riduzione degli adeguamenti si è fatta sentire anche sulla maggior base imponibile dichiarata grazie agli studi di settore: era 5,2 miliardi di euro nel 2006 ed è scesa a 2,2 miliardi nel 2012. Di fatto, lo stesso livello di dieci anni prima, quando però le aziende egli autonomi soggetti a Gerico erano molto meno numerosi.
La stessa Corte dei conti rileva che l’adeguamento medio nel 2012 è stato di circa 6.600 euro, mentre cinque anni prima era di mille euro più alto. A questi dati si aggiunge poi il crollo dei controlli, passati da 3omila a poco più di l0 mila in quattro anni. Per avere un termine di paragone, gli accertamenti su un’imposta “secondaria” come quella di registro sono comunque più di 5omila in un anno. Ora l’operazione «alert» persegue l’obiettivo dichiarato dalla stessa Agenzia di mettere i contribuenti in condizione di avere un quadro completo della propria situazione fiscale per mettersi in regola ed evitare così controlli. Sotto traccia, però, qualcosa si sta muovendo. Anche perché le direttrici di una riforma sono state già tracciate dal numero uno delle Entrate, Rossella Orlandi, nello scorso autunno alla Camera. Un rinnovamento degli studi va visto nell’ottica di trasformarli sempre di più in uno strumento per indicare preventivamente il potenziale risultato, anche fiscale, che deriva dall’impiego dei fattori della produzione.
(Dal Sole 24 Ore di Cristiano dell’Oste e Giovanni Parente)