Pubblichiamo l’articolo riguardante la proposta di Fedagro Confcommercio Nazionale di replicare, in tutti gli altri centri italiani, l’esperienza di Roma, che ha trasformato l’orario di vendita per i grossisti di ortofrutta in fascia diurna.

 

(Da Il Corriere della Sera)

 

I numeri
I bancali che si illuminano e i capannoni che si animano nel cuore della notte o alle prime luci dell’alba. È il primo battito vitale delle grandi città. Quando la notte diventa giorno è l’orario in cui prendono vita i mercati ortofrutticoli metropolitani. Un microcosmo che potrebbe cambiare storia e abitudini. Il futuro? Il mercato di giorno, aperto come i negozi. Roma lo ha già fatto, ma la richiesta di Fedagromercati di Confcommercio è di estendere l’esperimento a tutta Italia. E sarebbe un cambiamento radicale.

 

13 miliardi di fatturato
I mercati ortofrutticoli all’ingrosso, importante player nel settore agroalimentare, sono 142 e rappresentano le più grandi strutture logistico-distributive nel settore del fresco. Basti pensare che all’interno di queste strutture circola circa il 60% dei prodotti ortofrutticoli italiani, 11 milioni di tonnellate di merce all’anno, e che le aziende dei grossisti qui registrano un fatturato di 13 miliardi di euro. Sono poi circa 42 mila i lavoratori impegnati sul territorio nazionale. «Il vero banco di prova è rappresentato dal mercato di Roma — spiega Antonio Di Pisa, presidente di Fedagromercati —, le condizioni logistiche, i progressi tecnologici e i centri di smistamento ci consentono questo cambio che può portare solo benefici a tutto il sistema. È inevitabile che lavorando di notte il costo delle risorse umane lieviti in modo considerevole, inoltre diverse aziende di grossisti e rivenditori hanno fallito il ricambio generazionale: i giovani non vogliono più fare questo mestiere perché è troppo faticoso e si svolge in orari che impediscono una vita regolare. È un patrimonio di competenze e conoscenze che rischiamo di perdere. Inoltre con orari diurni le nostre attività diventerebbero appetibili anche dal punto di vista imprenditoriale».

 

La storia
Ma la scansione temporale dei mercati è quella che ha contraddistinto un pezzo di storia delle nostre metropoli. A Milano, per esempio, il mercato si chiama Verziere e originariamente stava in Piazza Duomo da dove venne sgomberato nel 1684 in seguito all’epidemia di peste che aveva decimato il capoluogo lombardo. Ma hanno mille storie da raccontare anche i mercati di Roma, Genova, Padova e Bologna, centri di sviluppo evolutivo per un intero territorio metropolitano. Una galassia operativa pronta a una rivoluzione copernicana che non è legata al semplice orario ma a un ruolo che cambia. La prima svolta è arrivata grazie a una legge del 1986. Da semplici luoghi di commercio, i mercati si sono trasformati culturalmente e strutturalmente, diventando centri strategici di erogazione di servizi e cambiando anche il nome in «Centri Agroalimentari».

 

La sfida dell’orario
Adesso la sfida è passare all’orario diurno stravolgendo abitudini e consuetudini consolidate. «Oggi la frigoconservazione consente di dilatare nel tempo la gestione del prodotto — ricorda Di Pisa —, i grossisti ormai acquistano la sera l’ortofrutta che venderanno l’indomani e l’approvvigionamento della grande distribuzione avviene in tarda mattinata». Proprio la Gdo è stata la prima ad andare verso gli orari serali: «Gli scaffali di frutta e verdura vengono allestiti la sera prima e in tarda mattinata vengono riforniti. Anche i piccoli dettaglianti, da quando a Roma è iniziato l’orario diurno, arrivano nella pausa pranzo. Qualche resistenza potrebbe arrivare dai mercati rionali, ma basterebbe cambiare l’orario dal mattino al pomeriggio». Una nuova rivoluzione di usi e abitudini in vista.