Prendendo spunto dalle lamentele di alcuni operatori della Fiera di Giaveno, che sui media locali hanno accusato tutte le Associazioni di non aver presentato osservazioni, per contestare la scelta (poi rivelatasi sbagliata) dei nuovi criteri di assegnazione di posteggio individuati dal Comune, appare opportuno chiarire una cosa. Tralasciando il fatto che sulla vicenda, Fiva Torino ha in effetti contattato e poi incontrato gli uffici della Regione Piemonte e altre Associazioni hanno discusso di persona con l’Assessore e il Sindaco di Giaveno, è bene ricordare che nessuna Associazione di Categoria opera attraverso finanziamenti erogati da Enti Pubblici: questo si traduce con la cruda ma necessaria verità che non esiste alcun obbligo di rappresentanza dei mercati stabilito per Legge e poiché non c’è obbligo, non ne deriva alcun diritto.
Le Associazioni infatti sono a tutti gli effetti dei soggetti privati, che pur venendo riconosciuti dai Comuni, stanno in piedi grazie a un vero e proprio “volontariato”, esercitato da operatori che al mattino montano il banco oppure, come nel caso di Fiva, che sono affiancati da personale dipendente che ha ruolo tecnico, in virtù delle entrate derivanti dai servizi erogati ai commercianti medesimi.
Il caso di Giaveno tuttavia è emblematico, perché dimostra chiaramente i problemi che sorgono quando, a causa anche ma non solo della crisi economica, gli ambulanti decidono di non affidare più i servizi alle Associazioni (scegliendo il famoso “commercialista da 500 euro all’anno” e “l’avvocato che fa ricorso”) o perdono interesse nel seguire in prima persona le vicende che riguardano il loro lavoro. E’ infatti palese come la Provincia di Torino, con i suoi 316 Comuni e un’estensione di 6827 chilometri quadrati, richieda un numero adeguato di rappresentanti e una struttura operativa che non può essere improvvisata, perché come ogni lavoro, ciò comporta dei costi che non sono sostenibili da chi già volontariamente sottrae tempo e risorse al proprio lavoro, alla propria famiglia, al proprio cassetto. Medesimo ragionamento vale per i membri delle Commissioni Mercato, poiché anch’essi svolgono un ruolo di rappresentanza senza alcun ritorno, che non sia il beneficio del mercato, cioè di tutti gli ambulanti.
E’ quindi stucchevole ed errato che Associazioni e Commissioni siano i bersagli classici di chi contesta il loro lavoro quando non porta i risultati sperati, nella presunzione che ciò sia un diritto. E’ da ribadire: i Comuni sono tenuti a sentire i rappresentanti, ma nessun ambulante può vantare il diritto di essere rappresentato dalle Associazioni senza farne parte.
Chiariamo una cosa, un’ultima cosa: le Associazioni sono fatte da ambulanti, gli ambulanti fanno il mercato e il mercato sopravvive se è in grado di rappresentare i propri interessi. Quando questa consequanzialità si logora e si spezza, il singolo da solo dovrà confrontarsi con il Comune, con la Polizia Municipale, con la Grande Distribuzione e peggio di tutti, con i propri vicini di banco.