Lo ha deciso il Consiglio dei Ministri nel milleproghe. Una decisione che, seppure mitigata nella portata nel testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ha portato ad una dura presa di posizione della Fiva Nazionale.
il tema delle concessioni per il commercio su aree pubbliche è stato oggetto negli ultimi mesi di un acceso dibattito che è sfociato, da ultimo, nella disposizione, contenuta nel Decreto legge Milleproroghe, che proroga il termine delle concessioni in essere alla data del 31 dicembre 2018, al dichiarato fine di allineare le scadenze delle concessioni per commercio su aree pubbliche garantendo omogeneità di gestione delle procedure di assegnazione, nel rispetto dei principi di tutela della concorrenza (art 6, comma 8 DL 30 dicembre 2016, n.244).
La norma, come noto, interviene in un quadro normativo e amministrativo, tanto complesso quanto consolidato, delineatosi a seguito di un percorso lungo e faticoso che ha avuto origine nel 2010, in sede di definizione del decreto attuativo della direttiva Bolkestein, con la scelta del Governo di rinviare ad una Intesa in Conferenza unificata la definizione dei criteri per il rilascio e il rinnovo delle concessioni (art 70, d.lgs. n. 59/2010). A ciò ha fatto seguito l’Intesa sancita il 5 luglio 2012 e i documenti attuativi, nonché tutti i successivi atti conseguenziali, normativi e amministrativi, adottati, per quanto di rispettiva competenza, dalle Regioni e dai Comuni per attuare l’Intesa. Tanto è vero che ad oggi moltissimi comuni hanno già iniziato a pubblicare i bandi (o gli avvisi di bando) dando concreta operatività ai procedimenti di selezione che, in molti casi, sono in pieno svolgimento con la presentazione delle domande.
Di tale quadro la norma del Decreto Milleproroghe, caratterizzata da una evidente “sovrapposizione” di livelli istituzionali, non sembra tener conto, visto che, nel sancire la proroga, nulla dispone sulla gestione della fase attuativa dell’Intesa e, in particolare, sulla sorte dei procedimenti di selezione in corso, lasciando alle Amministrazioni locali la responsabilità di decidere se sospendere o meno le procedure avviate, assumendosi ogni rischio nei confronti delle imprese interessate.
E tutto ciò in un contesto che certamente ora si presenta tutt’altro che certo, per non dire confuso, sotto più profili.
La proroga delle concessioni, infatti, è contenuta in un decreto legge che, come noto, deve essere sottoposto al Parlamento per l’iter di conversione in legge nel corso del quale la disposizione potrebbe essere soppressa o, comunque, modificata.
Vi è di più! Anche qualora la proroga al 2018 fosse confermata in sede di conversione l’incertezza continuerebbe a sussistere perché – come purtroppo già avvenuto per le concessioni balneari – vi è il ragionevole dubbio che la stessa possa essere dichiarata illegittima per contrasto con la normativa comunitaria che, come sostenuto dal Governo ai tempi in cui si affrontò il profilo in sede di attuazione della direttiva Bolkestein e ribadito più volte anche di recente dallo stesso MISE in sede parlamentare, osta ad una misura nazionale di proroga automatica effettuata ex lege senza procedure di selezione.
In questa ultima ipotesi lo scenario che si prospetterebbe è che tutte le concessioni, in quanto scadute, andrebbero messe subito a gara senza alcuna garanzia per gli operatori in ordine all’applicazione dei criteri di durata e di professionalità individuati dalla Intesa del 2012 (sulla quale peraltro l’Antitrust, lo scorso dicembre ha sollevato presunti problemi di natura concorrenziale in ragione dell’eccessivo favor per il concessionario uscente).
Alla luce di quanto sopra, esprimiamo la nostra preoccupazione e valutazione negativa sulla scelta del Governo di procedere con la proroga in oggetto, della cui legittimità costituzionale e comunitaria peraltro dubitiamo fortemente, che vanifica un lungo percorso di lavoro, aprendo scenari di forte incertezza e destabilizzazione per gli operatori economici del commercio ambulante.
La norma ha il sapore di una “tutela” delle Amministrazioni non virtuose, per non dire inefficienti, che si trovano in ritardo con l’attuazione delle prescrizioni dell’intesa del 2012 e dei successivi atti (con i quali da ultimo sono state individuate anche le modulistiche), e a tal fine non esita a mettere in difficoltà non solo i comuni virtuosi che hanno già avviato le procedure e che ora si trovano di fronte alla necessità di decide il da farsi, assumendosi il rischio di eventuali azioni risarcitorie da parte delle imprese che hanno sopportato oneri economici per poter partecipare alle selezioni (es. reintestazione notarili dei titoli abilitativi), ma anche, e soprattutto, l’intero sistema imprenditoriale del commercio su aree pubbliche che rischia a questo punto di trovarsi senza alcuna garanzia all’atto della scadenza delle concessioni.
Auspichiamo, pertanto, che i comuni ragionevolmente e responsabilmente, tenuto conto degli scenari e rischi giuridicamente possibili evidenziati anche nelle comunicazioni di alcune Regioni – Lombardia, Emilia Romagna – non interrompano la pubblicazione dei bandi e le loro procedure attuative esponendosi al rischio, in caso di mancata conferma della proroga di non avere più i tempi tecnici per l’attuazione del percorso definito dall’Intesa, ma piuttosto procedano nel percorso attuativo dell’intesa, restando salva la possibilità, in ragione dell’esito dell’iter di conversione, di agire in via di autotutela prima della pubblicazione delle graduatorie.
Il lasso di tempo che intercorre rispetto alla scadenza della tempistica prevista nell’Intesa dovrebbe pertanto a nostro avviso essere utilmente utilizzata non per ridiscutere i presupposti di quanto fino ad oggi svolto, revocando in dubbio l’intesa raggiunta e proponendo proroghe che, in quanto incompatibili con la normativa europea, espongono di fatto a serio rischio la categoria, quanto per completare il processo di attuazione.
Insisteremo, pertanto, in sede parlamentare e governativa per un ripensamento sulla proroga e per il conseguente rispetto integrale delle disposizioni dell’Intesa, mostrandoci disponibili, in via del tutto subordinata, solo ad una limitata “proroga tecnica” delle concessioni, a condizione che i Comuni abbiano avviato nei tempi previsti dall’intesa le operazioni di selezione pubblica.